IL MONOPOLIO DELLE
DISCARICHE PRIVATI NELLE AUDIZIONI DELL’EX DIRIGENTE REGIONALE LUPO E DELL’ASSESSORE
CONTRAFATTO
Dopo aver ascoltato il dottor Nicolò Marino, assessore, sempre nell'ambito
dell'approfondimento che la Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti
sta conducendo relativamente alla Regione siciliana, è stato il turno
dell’attuale assessore all'energia e ai servizi di pubblica utilità della
Regione siciliana, Vania Contrafatto e dell’ex dirigente generale del
dipartimento della regione siciliana delle acque e dei rifiuti Marco Lupo a
raccontare la gestione dei rifiuti in Sicilia negli ultimi anni.
L’assessore Contrafatto è in carica solo da pochi mesi e insieme al nuovo
direttore Armenio, sta lavorando per far recuperare alla Sicilia il tempo
perduto. Tuttavia degna di nota appare la dichiarazione del neo assessore sulla
certificazione antimafia della Tirrenoambiente «Tornando, invece, alla
questione discariche – ha riferito la Contrafatto ai commissari – a seguito
dell'attività ispettiva che fu lanciata dall'assessore Marino dopo le
conclusioni a cui pervenne la Commissione ispettiva, sono stati, in via di
autotutela amministrativa, ripercorsi tutti i passaggi amministrativi che
portarono alle autorizzazioni, ora ritirando, ora sospendendo quelle che erano
state poste in essere contro la legge. Ove sono state individuate situazioni
penalmente rilevanti, ne è stata data comunicazione alle procure competenti.
Come saprete bene, per la discarica che insisteva in territorio di Messina,
quella di Mazzarrà Sant'Andrea, è pendente un procedimento penale per
inquinamento ambientale, quindi la discarica è attualmente sequestrata dalla
procura di Barcellona Pozzo di Gotto. Poiché, però, il sequestro aveva avuto
come oggetto solo la discarica e non anche il trattamento meccanico-biologico,
su quello, invece, sono in corso le attività di revisione. Noi abbiamo scritto
all'azienda chiedendo anche, nuovamente, i certificati antimafia e ci è stato
risposto in maniera piccata. La lettera con la quale ci hanno risposto in
settimana l'abbiamo portata e la depositeremo agli atti affinché possiate
vedere con quale tracotanza i responsabili abbiano risposto, ritenendosi offesi
perché noi ci siamo permessi di chiedere nuovamente il certificato antimafia e
contestando sia la nostra idoneità a chiederlo, sia, soprattutto, il fatto che
fosse passato il tempo. Essi ci hanno anche minacciato di adire le vie legali
proprio perché noi avremmo fatto la «terribile» richiesta di avere questo
certificato. Questa discarica attualmente non è in uso». Marco Lupo invece,
avendo lavorato a stretto contatto con Nicolò Marino, ha fornito alla
Commissione ulteriori dettagli destinati a fare chiarezza sulla gestione
siciliana dei rifiuti degli ultimi anni. Al momento del suo insediamento come
direttore generale era in atto l'emergenza e la regione si era dotata due anni
prima di una nuova legge che regolamentava il settore, la legge n. 9 del 2010,
che riorganizzava il settore prevedendo il passaggio dalle attuali ATO, che
erano 27, alle nuove società per la regolamentazione del servizio di gestione
dei rifiuti che in acronimo si chiamano SRR. «Dopo due anni e mezzo
dall'emanazione di questa legge e dalla dichiarazione dell'emergenza, a fine
2012, non ho timore di essere smentito – ha dichiarato Lupo – affermando che
non era stato fatto nulla di concreto né per l'attuazione della legge, né per
la realizzazione degli obiettivi previsti nella dichiarazione di emergenza».
Nessun impianto pubblico era stato realizzato, né ne era stata avviata la
realizzazione, nessuna SRR era stata costituita, nessun piano d'ambito
predisposto da parte di queste SRR, anzi è avvenuto l’esatto opposto. «Per
quanto attiene l'impiantistica – continua Lupo –, nel 2010-2011 la regione
aveva abbandonato l'idea di realizzare i termovalorizzatori, anche perché le
gare dei quattro famosi dei termovalorizzatori sapete penso tutti come sono
andate, e tra il 2010 e il 2012, cioè prima del mio insediamento, non facendosi
termovalorizzatori la regione ha autorizzato circa 11 milioni di metri cubi di
discariche fondamentalmente a quattro soggetti privati, cioè 3 milioni di metri
cubi a Oikos a Catania, 3 milioni di metri cubi a Sicula Trasporti a
Catania/Siracusa perché è al confine, 2 milioni di metri cubi a Messina
Tirrenoambiente e 3 milioni di metri cubi a Catanzaro Costruzioni ad Agrigento.
Quattro soggetti privati hanno quindi ricevuto autorizzazioni per circa 11
milioni di metri cubi di discariche, quindi l'attenzione era molto concentrata
sui termovalorizzatori, ma nel frattempo la vera problematica erano questi
volumi autorizzati, e nessuna iniziativa era stata adottata per il trattamento
della frazione umida prima del conferimento in discarica, la biostabilizzazione
dei rifiuti, tenuto conto che soltanto una discarica, quella di Sicula
Trasporti, è dotata di un impianto di biostabilizzazione. In tutto il resto
della regione si è ritenuto di interpretare, secondo me erroneamente, una
circolare che consentiva in un periodo transitorio, in attesa di realizzare
l'impianto di biostabilizzazione, di limitarsi alla tritovagliatura con la
possibilità di autorizzare una nuova discarica da 3 milioni di metri cubi,
quindi in quel modo l'adeguamento non sarebbe avvenuto mai». La direttiva
europea era chiara, no al “tal quale” in discarica, eppure non è mai stata
applicata cercando di aggirarla con delle “interpretazioni” fino a quando
l’Europa ha detto basta aprendo la procedura di infrazione. Tornando alle
autorizzazioni alle megadiscariche private, esse furono rilasciata tra il 2010
e il 2012 sotto il governo Lombardo. Con l’arrivo di Marino però si decide di
cambiare l’iter. «...con l'assessore Marino – continua l’ex direttore generale
–, che è stato il mio primo assessore di lunga prospettiva, abbiamo cercato di
agire su più fronti, intanto sul fronte della verifica degli iter
amministrativi che avevano condotto al rilascio di queste autorizzazioni da
parte dell'Assessorato ambiente, perché da noi sia la VIA [valutazione impatto
ambientale, ndr] che l'AIA [autorizzazione integrata ambientale, ndr] erano di
competenza dell'Assessorato ambiente. Con l'assessore Marino abbiamo invece
presentato una norma attraverso il Governo, poi approvata dal Parlamento, in
cui la valutazione di impatto ambientale rimaneva di competenza
dell'Assessorato ambiente, mentre l'AIA diventava competenza del mio
dipartimento. Questa norma è entrata in vigore a gennaio del 2013». La
commissione «...con un decreto dell'assessore regionale e mio, a doppia firma
del direttore e dell'assessore, abbiamo istituito una Commissione per la
verifica degli iter amministrativi, cominciando proprio dalle quattro discariche
prima citate, perché avevano una volumetria rilevante, da cui dipendeva la
possibilità di conferire di circa 380 comuni, quindi erano quelle più
importanti. Nella Commissione di verifica sono stati inseriti dei componenti
di grande competenza ambientale: una funzionaria della provincia di Palermo, la
dottoressa Di Franco della provincia di Palermo, la dottoressa Abita dell'ARPA
(l'ARPA ha una struttura centrale e delle sezioni provinciali), una funzionaria
del dipartimento, la dottoressa Fais, e alcuni componenti inseriti dal dottor
Marino, che lavoravano nel suo Gabinetto e aveva portato con lui quando si era
insediato, in particolare il dottore Buceri, un funzionario di polizia che
lavorava con lui alla procura di Caltanissetta quando lui faceva il magistrato.
La discarica Oikos Dall'esame di queste autorizzazioni è emerso di tutto. È
difficile riassumere tutte le questioni, ma posso dire che per quanto riguarda
la discarica di Catania, di Motta Sant'Anastasia gestita dalla ditta Oikos,
ricevuta la relazione io ho adottato tre provvedimenti. Loro avevano una
discarica esaurita, la discarica in contrada Tiritì, per la quale ho fatto un
provvedimento di chiusura per gravi motivi ambientali; avevano l'autorizzazione
alla realizzazione di un bioreattore, per cui non ho neanche avviato il
procedimento di revoca perché la realizzazione dell'impianto non era ancora
iniziata. Per la discarica in corso di coltivazione da circa 3milioni di
metri cubi ho avviato il procedimento di revoca dell'autorizzazione, che poi ho
concluso a luglio del 2014 con la revoca dell'autorizzazione». «...Qualche
giorno prima della revoca, ma dopo l'avvio del procedimento il titolare della
discarica è stato arrestato insieme al dipendente del dipartimento ambiente e
nell'ordinanza del GIP vengono espressamente citate le conclusioni della
Commissione che aveva istruito l'iter amministrativo dell'autorizzazione
rilasciata». La discarica Tirrenoambiente Per quanto riguarda la discarica di
Messina di Tirrenoambiente, anche lì la Commissione ha concluso la sua
relazione e sulla base della relazione ricevuta io ho adottato un avvio di
procedimento di revoca del rinnovo dell'autorizzazione per la discarica e anche
una revoca dell'autorizzazione dell'impianto di biostabilizzazione. Nel
frattempo è successo (lo racconto perché è sintomatico di come funzionano le
cose in Sicilia) che il gestore della discarica che serve tutta la provincia di
Messina (Messina è la provincia con il maggior numero di comuni in Sicilia,
oltre 100 comuni, anche molto piccoli) comunica che aveva terminato i volumi
utili per l'abbancamento e che dopo venti giorni non avrebbe più consentito
l'accesso ai comuni. A noi risultava però che la discarica avesse avuto
un'autorizzazione nel 2012 per 1,700.000 metri cubi, per cui facendo due conti
spannometrici non ci quadrava. Ho quindi convocato una riunione presso il mio
dipartimento e ho fatto fare dei sopralluoghi in discarica, dai quali è emerso
che il progetto che era stato approvato in realtà poteva avere scritto 5
milioni, 8 milioni o 7 milioni, perché non c'era neanche un progetto che
potesse definirsi tale e forse nel progetto si teneva conto di volumi già
finiti. Emerse anche che non avevano utilizzato per l'abbancamento un'area
compresa nell'autorizzazione, perché questo non era funzionale all'ampliamento
che avrebbero dovuto fare, in quanto abbancando lì non avrebbero più potuto
ampliare, e non avevano ancora l'autorizzazione per questo ampliamento però
avevano già pensato di sbancare un'intera collina in assenza di autorizzazione.
Queste situazioni sono state rappresentate alla procura competente, quella di
Barcellona Pozzo di Gotto, che mi risulta che a novembre del 2014 abbia
sequestrato anche quella discarica, che tra l'altro ha anche altri problemi. In
più, mentre nel loro progetto (chiamiamolo così) si prevedeva di arrivare a un
abbancamento fino a 118 metri sul livello del mare, erano arrivati a circa 145
metri sul livello del mare, cioè 30 metri più dei quanto previsto nelle
planimetrie, e 30 metri sono un palazzo ! Purtroppo
nessuno ha mai segnalato in un sopralluogo la presenza di un palazzo che non
avrebbe dovuto esserci. Questo è sintomatico
della situazione in Sicilia». La discarica
Catanzaro «Anche per
quanto riguarda la discarica di Siculiana, quella di Agrigento, la Commissione
ha fatto la relazione e io ho avviato un procedimento di secondo grado, perché
obiettivamente le criticità rilevate non erano certo paragonabili a quelle
delle altre due di cui vi ho parlato. La grossa criticità che ho rilevato è che
questo impianto non biostabilizzava la frazione umida però, per effetto di una
circolare che avevo fatto all'atto del mio insediamento, che imponeva a ogni
gestore di presentare un progetto entro una certa data pena chiusura,
l'operatore aveva già presentato il progetto dell'impianto e quindi questo gli
è stato prescritto anche in sede di revisione dell'autorizzazione». Loro
sbancavano una collina senza autorizzazione... la regione autorizzava «Ho
effettuato tutte queste verifiche non essendo autorità ambientale, perché
l'autorità ambientale avrebbe dovuto essere l'Assessorato ambiente e purtroppo
penso che in Sicilia il vero problema sia stato questo, perché quando manca
l'autorità ambientale, cioè quando manca il soggetto deputato a tutelare
l'ambiente, tutto diventa più complicato. Pur avviando un procedimento di
revoca, ad esempio, non essendo io l'autorità ambientale ho revocato
autorizzazioni quando l'Assessorato ambiente diceva che invece era tutto a
posto. Vi posso citare una nota di fine giugno in cui l'Assessorato ambiente
dice che per l'autorizzazione di Oikos conferma il giudizio positivo, io revoco
l'autorizzazione e poi arrestano il funzionario e il anche il gestore della
discarica [nel corso dell’operazione Terra mia della procura di Palermo, ndr]. In
tutta questa attività purtroppo non c’è stato un apporto costruttivo da parte
dell'Assessorato ambiente e mi rendo conto che questi provvedimenti di chiusura
hanno determinato anche la situazione che si è venuta a determinare in questi
mesi, perché sono venute a mancare due discariche importanti, quella di
Mazzarrà Salt'Andrea e quella di Messina che comunque avrebbe chiuso perché
aveva terminato i volumi. Funzionava così: loro sbancavano una collina senza
autorizzazione, poi dichiaravano di chiudere e quindi in qualche modo si doveva
autorizzare l'ampliamento. La filosofia adottata era questa». In chiusura di
audizione il presidente Bratti ha chiesto a Marco Lupo ulteriori chiarimenti
sulle autorizzazioni, i procedimenti di revoca e i controlli che avrebbe dovuto
effettuare l’Arpa Sicilia. «Questi ampliamenti per 11 milioni di tonnellate –
ha chiesto Bratti – sono stati autorizzati prima del 2012 e quindi si presume
(poi abbiamo visto che non è così) che per essere autorizzati sia stata
presentata una serie di domande, ma voi dopo avete fatto un'istruttoria su
quelle richieste di autorizzazione e, a parte alcune ispezioni eseguite, dalle
carte vi siete accorti che non c'erano delle corrispondenze e quindi siete
intervenuti per la revoca perché l'autorizzazione precedente era stata
costruita senza le basi, non avete revocato perché era successo qualcosa. Sono
due cose diverse verificare se quanto fatto prima non è a posto e revocarla o
invece considerarla a posto con quella di prima però ritenere che non la stia
gestendo in modo consono e quindi revocarla. È vero che questa cosa è in capo
all'Assessore all'ambiente, ma credo che l'ARPA Sicilia abbia qualche ufficiale
di polizia giudiziaria tra i suoi dipendenti, quindi mi chiedevo come sia
passata una discarica con un sopralzo di 30 metri e, visto che le agenzie
ambientali devono effettuare un minimo di controlli di routine, come non si
siano mai accorti di questa situazione». La risposta di Lupo. «La questione se
i provvedimenti di revoca sono per problematiche ex post o ex ante: sono per
vizi nell’iter autorizzativo, quindi diciamo ex ante, tranne il caso di
Tirrenoambiente in cui, verificando l’iter amministrativo, siamo andati a fare
un sopralluogo evidenziando dei problemi anche nell’ex post, perché c'era una
sopraelevazione. La relazione della Commissione avrebbe comunque richiesto la
revoca dell'autorizzazione. «La Commissione ha visto tutti gli iter
autorizzativi e ha rilevato molti vizi sulle vasche che però ormai erano
chiuse, in post-gestione in qualche caso conclusa. Chiaramente ho fatto un
procedimento di secondo grado solo sulla discarica in esercizio, in cui la
Commissione rilevava tre criteri criticità: 1) non era è stato coinvolto il
dipartimento urbanistico, che però dagli atti risultava convocato e non
presente 2) il sindaco del Comune di Montallegro era contrario, ma poi nel
procedimento di secondo grado esprime parere favorevole, 3) la
biostabilizzazione, e lì già era in atto un procedimento. ARPA in Sicilia è
fortemente sottodimensionata, perché ha circa 300 dipendenti e sono pochi,
perché l'ARPA Lazio, dove io attualmente lavoro, che è già sottodimensionata,
ne ha circa 500. Le ARPA sono divise per sezioni provinciali, se uno trova
persone che lavorano capaci e competenti va tutto bene, ma purtroppo non sempre
è così. In ARPA Palermo il dottor Librici e il dottor Abate sono bravissimi,
ARPA Caltanissetta perlomeno per la mia esperienza no, ARPA Messina neppure».
RIFIUTI, IN
SICILIA UN DISORDINE ORGANIZZATO
di Nino Amadore 28
marzo 2015
Nel settore dei rifiuti
solidi urbani in Sicilia c’è un disordine organizzato
con un «sistema ordinario della raccolta che
non va da anni, c’è
una situazione di emergenza non dichiarata e, dagli elementi raccolti dal 2010
a oggi non ci sono stati cambiamenti». È la conclusione cui sono arrivati i
componenti della commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo illecito dei
rifiuti guidata da Alessandro Bratti, al termine della quattro giorni di viste
e audizioni tra le province di Trapani e Palermo. È stata una seconda puntata di un lungo
giro di visite programmate che continuerà nei prossimi mesi con la provincia di Messina
e con le aree di Siracusa e Gela dove i
parlamentari cercheranno di approfondire lo stato di avanzamento e le criticità nel settore delle bonifiche. Insomma
un lavoro che punta ad andare in profondità e che si dovrebbe concludere poco
prima delle ferie estive con una relazione dedicata alla situazione della
Sicilia. Almeno queste le intenzioni annunciate dal presidente della
commissione. Per il momento il giudizio sul sistema dei rifiuti siciliano è
pessimo: l’isola di fatto è in di Nino Amadore
Per il momento il giudizio
sul sistema dei rifiuti siciliano è pessimo: l’isola di fatto è in emergenza e
i commissari hanno registrato un sostanziale immobilismo da parte della Regione
siciliana che negli ultimi anni è intervenuta più volte con riforme normative
che non hanno portato alcun risultato. Gli stessi commissari hanno dovuto
constatare come a fronte della liquidazione degli Ato (gli
Ambiti territoriali ottimali oggi in liquidazione e indebitati per circa
cinquecento milioni) non siano affatto decollate le cosiddette Srr (previsti
nella legge regionale del 2009) e che a tutt’oggi gli Aro
( Aree di raccolta ottimale previste in una nuova legge approvata nel 2013) non
sono stati costituiti con quella celerità che il legislatore si aspettava. I
tentativi di dotare la Sicilia di un nuovo piano rifiuti sono andati a vuoto:
il piano varato dall’allora governatore Raffaele Lombardo che era anche
commissario delegato per l’emergenza, ha ricevuto un primo via libera dal
ministero per l’Ambiente ma ha ricevuto la Via-Vas solo a dicembre 2014 con un
a cinquantina di prescrizioni e ora i parlamentari della commissione hanno
certificato che quel piano è scaduto nel 2014 e che il nuovo assessore Vania
Contraffatto «sta lavorando alla stesura di un nuovo piano di emergenza» ha
spiegato Bratti. Di fatto però il piano Lombardo
non è mai entrato in vigore anche se sulla base delle sue previsioni, spiega il
docente universitario Aurelio Angelini, sono state fatte
gare d’appalto e sono stati realizzati impianti. Con
la sapiente regia di Marco Lupo,
allora direttore generale dell’assessorato e per un periodo delegato dal
presidente Crocetta a gestire l’emergenza.
Resta il fatto che un
piano di gestione (ordinaria) del sistema della raccolta e smaltimento dei
rifiuti solidi urbani in Sicilia è urgente anche
per poter spendere i fondi della programmazione 2014-2020 destinati al settore
visto che si tratta di una condizionalità ex ante richiesta dalla Commissione
europea. La
Sicilia è l’unica regione italiana a non averlo.
Un piano che, se fatto a regola d’arte, potrebbe aiutare a colmare quelle
lacune che i parlamentari hanno riscontrato: «Permane l’utilizzo delle
discariche come unico sistema mentre la raccolta differenziata non raggiunge il
10 per cento. Senza tralasciare la situazione debitoria
degli Ato
che perdura nonostante la presenza di commissari liquidatori e continua a
gravare sulle spalle dei cittadini che, a loro volta, non pagano, alimentando
un loop che prosegue da anni. In Sicilia
la mala gestione del ciclo dei rifiuti ha delle
connotazioni particolari: la Campania ha attraversato momenti di grande crisi
ma oggi si muove sul 40% di raccolta differenziata, la stessa cosa non si può
dire della Sicilia».
Qual è dunque la
situazione oggi? Secondo alcuni, in assenza di altri piani di emergenza sono
rimasti in vigore il Pier (Piano degli
interventi per l’emergenza rifiuti) varato nel 2000 elaborato da una
commissione a suo tempo guidata da Angelini e il piano di gestione varato nel
2002 dall’allora presidente Salvatore Cuffaro,
commissario delegato per l’emergenza rifiuti. Quest’ultimo
prevedeva la costruzione di quattro termovalorizzatori e siccome resta
vigente,a determinate condizioni, quegli impianti potrebbero essere persino
costruiti: «Dimensionandoli per il 35% dei rifiuti prodotti, considerato che il
resto deve essere destinato a raccolta differenziata - spiega Angelini -
potrebbe essere rifatto il bando. Lo dico ribadendo che sono contrario a questo
sistema». Ipotesi campata in aria? Il presidente della commissione ha spiegato
che «nessuno ha paventato il ritorno dei termovalorizzatori nell’isola» ma in
passato, considerando inopinatamente vigente il piano Lombardo,
c’è chi si era spinto a ipotizzare la costruzione di impianti per bruciare il
cosiddetto css (combustibbile solido secondario ricavato dalla frazione secca
dei rifiuti). La costruzione di termovalorizzatori rappresenterebbe una bella
opportunità di business per i player del settore (uscita di scena la Falck che
doveva costruirli ai tempi di Cuffaro si registra negli
ultimi tempi un movimento che fa pensare a nuovi interessamenti).
L’affare di certo c’è: secondo i tecnici del settore un impianto da 65 Mw
potrebbe portare nelle casse di chi lo costruisce 130 milioni l’anno grazie
alle convenzioni con il Gse che dà le somme a titolo di incentivo. «In linea
teorica - spiega ancora Angelini - grazie al sistema degli Aro
ognuna di queste Aree ottimali potrebbe costruirsi il proprio piccolo impianto
per bruciare rifiuti».
Intanto, per rimanere
all’oggi, si registra un fallimento su tutti i fronti cui la dichiarazione
dello stato di emergenza e dunque la nomina di un commissario da parte del
governo centrale non sarebbe la giusta risposta. Almeno
secondo lo stesso Bratti che ieri, nell’incontro con i giornalisti nei locali
della Prefettura di Palermo, è stato chiaro: «La gestione dell’emergenza con
commissariamenti non ha mai risolto un problema. Questo
ci dice la nostra esperienza - ha detto il presidente della commissione -. La
Sicilia, la Campania e la Calabria hanno speso molti soldi con commissariamenti
senza risolvere tutto. Un conto è il commissariamento su questioni specifiche,
come un singolo impianto, un conto è commissariare l’intera gestione
regionale». Una risposta chiara a chi come il presidente della regione Crocetta
e prima ancora l’ex assessore Nicolò Marino
avevano fatto della richiesta di commissariamento e di emergenza (che prevede
deroghe importanti anche nelle gare d’appalto con affidamenti diretti che lo
stesso presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone ha bocciato più volte)
un punto qualificante della loro azione.
In questo quadro
disarmante sul piano della sostenibilità ambientale i parlamentari hanno anche
riscontrato ancora una forte presenza della criminalità organizzata e non. E
soprattutto una grave questione morale che investe le procedure autorizzative:
«Le infiltrazioni della criminalità ci sono e si manifestano, per esempio nel
sistema della raccolta, con l’imposizione di operai e la presenza in funzioni
non apicali di soggetti legati alla criminalità organizzata». Ma c’è anche un
problema di controllo delle imprese aggiudicatarie di lavori e in particolare,
ha sottolineato la senatrice dei Cinque
Stelle Paola Nugnes, le white list: «Un sistema che per quanto riguarda questo
settore non funziona: in una situazione di emergenza le prefetture non hanno il
tempo di fare i controlli necessari e dunque capita che si scopra la presenza
di un’impresa mafiosa quando i lavori sono stati appaltati se non addirittura
realizzati». Storture cui la Confindustria siciliana ha provato a porre
rimedio: è del 2 aprile 2013 la lettera inviata dal vicepresidente Giuseppe
Catanzaro all’allora assessore Nicolò Marino in cui si propone di snellire il
sistema dei controlli in collaborazione con le prefetture. Una
lettera che non ha mai ricevuto risposta.
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE
FEMMINE
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